La Corte di Cassazione ha ritenuto che il dirigente demansionato ha diritto al risarcimento dei danni biologico e alla professionalità, pur escludendosi una condotta di mobbing perpetrata dalla società in suo danno Con la sentenza n. 7667 del 27 marzo 2013 la Corte ha ribadito che il danno non patrimoniale da «demansionamento» costituisce un pregiudizio oggettivamente accertabile, provocato sulla capacitrà reddituale del soggetto, che altera le sue abitudini e gli assetti relazionali.
Tuttavia il danno professionale conseguente a un demansionamento (quale possibile componente sia di un danno patrimoniale, anche in termini di perdita di chances, sia di un danno non patrimoniale) deve essere provato da chi lo deduce per chiederne il risarcimento e tale prova può essere data, ai sensi dell’art. 2729 c.c., anche e soprattutto quando trattasi di danno non patrimoniale, attraverso l’allegazione, quali presunzioni aventi i caratteri della gravità, precisione e concordanza, di elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa, al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all’esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto.