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L’aspettativa impedisce il licenziamento per il superamento del periodo di comporto

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La Corte di Cassazione ha considerato illegittimo il licenziamento intimato con effetti differiti al termine del periodo di aspettativa non retribuita, chiesto dalla dipendente e concesso dalla ditta a partire dall’ultimoiorno del comporto. L’appellante lamentava l’erronea interpretazione dell’art. 51 del CCNL per i dipendenti delle imprese di pulizia relative al periodo di comporto e alla aspettativa per malattia, in base al quale: “Superati i limiti di conservazione del posto, l’azienda su richiesta del lavoratore concederà un periodo di aspettativa non superiore a 4 mesi durante il quale il rapporto di lavoro rimane sospeso a tutti gli effetti senza decorrenza della retribuzione e di alcun istituto contrattuale . Detto periodo di aspettativa potrà essere chiesto una sola volta nell’arco della attività lavorativa con la stessa impresa. Decorsi i limiti di cui sopra, l’impresa, ove proceda al licenziamento del lavoratore, corrisponderà il trattamento di fine rapporto di lavoro e l’indennità sostitutiva di preavviso […]”.
Il ricorso dell’azienda si fonda sul fattp che tale disposizione contrattuale prevede la facoltà del datore di lavoro di licenziare il dipendente per superamento del periodo di comporto anche laddove il periodo di aspettativa non sia cessato e esclude il diritto del lavoratore alla prosecuzione del rapporto al termine del periodo di aspettativa.
Tuttavia, a conferma di quanto espresso in primo e secondo grado di giudizio, la Suprema Corte ha sottolineato come l’espressione “il rapporto di lavoro rimane sospeso a tutti gli effetti” stia a significare che il vincolo contrattuale resta valido per il periodo dell’aspettativa e il termine per il licenziamento deve, dunque, slittare, in quanto la permanenza sarebbe priva di significato se fosse consentito un recesso ad effetti differiti al termine del periodo di aspettativa.
Ne consegue, in analogia con l’interpretazione della citata disposizione contrattuale collettiva data dalla Corte d’appello, che i limiti temporali per poter procedere al licenziamento per superamento del periodo di comporto devono essere ulteriormente dilatati, in modo da comprendere oltre che il periodo di comporto anche quello dell’aspettativa se richiesta dal lavoratore e concessa dal datore di lavoro, così come è avvenuto nella specie. (CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 marzo 2013, n. 6711).

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