L’audizione orale non può essere un escamotage per ritardare il provvedimento disciplinare.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore faccia richiesta di essere sentito oralmente per rendere le proprie giustificazioni ed il datore di lavoro lo abbia convocato per una certa data, il primo non ha diritto ad un differimento dell’incontro limitandosi ad addurre una generica impossibilità di presenziare, poiché l’obbligo di accogliere tale richiesta sussiste solo a fronte di un’esigenza difensiva non altrimenti tutelabile. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5314/17 depositata il 2 marzo 2017.
Il caso. La vicenda trae origine dal licenziamento per giusta causa intimato ad un dipendente dell’INPS, reo di avere occultato numerose pratiche a lui affidate (condotta rispetto alla quale era stato avviato anche un procedimento penale a suo carico).
La Corte d’appello di Napoli, confermando la sentenza di primo grado, rigettava la doglianza del lavoratore relativa all’asserita lesione del proprio diritto di difesa nell’ambito del procedimento disciplinare promosso a suo carico, in virtù del diniego formulato dall’INPS (suo datore di lavoro) alla richiesta di differimento dell’audizione per rendere oralmente le proprie difese. Parimenti infondata era, ad avviso dei Giudici di merito, la doglianza relativa all’asserita illegittimità delle modalità con cui l’Istituto era entrato in possesso dei documenti che dimostravano il suo inadempimento, ottenuti forzando un armadio ubicato nel suo ufficio mentre si trovava in congedo per malattia. Contro tale pronuncia il lavoratore ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi.
La richiesta di audizione deve essere tempestiva… Per quanto qui interessa esaminare, il ricorrente si doleva del fatto che, a fronte del suo denunciato impedimento, il datore di lavoro sarebbe stato obbligato a differire la data della sua audizione. Motivo che, per più ragioni, non viene condiviso dalla Cassazione. Ed infatti, rileva la Corte come la richiesta di audizione orale formulata dal lavoratore fosse innanzitutto tardiva, poiché intervenuta oltre il termine di 5 giorni previsto (dalla legge e) dal CCNL applicato al rapporto. Sotto altro profilo, inoltre, la stessa Corte rileva come – sulla base delle valutazioni formulate dai giudici di merito – era da escludersi che la presenza fisica del ricorrente fosse indispensabile per una sua compiuta difesa poiché «avendo l’INPS messo a disposizione del lavoratore, o alla persona da questi delegata, l’intero incarto relativo agli accertamenti effettuati nel corso del procedimento disciplinare, l’impossibilità della difesa non poteva derivare dall’avvenuto sequestro penale dei documenti necessari per la attività difensiva in sede disciplinare».
… ed anche adeguatamente motivata. Anche sotto il profilo espresso nel principio esposto in massima, il ricorso doveva considerarsi privo di fondamento. Ed infatti, nel condivisibile avviso della Corte, se è vero che ai sensi dell’art. 7 Stat. Lav. in caso di irrogazione di una sanzione disciplinare il lavoratore ha diritto, qualora ne abbia fatto richiesta, a rendere le proprie giustificazioni oralmente, è ancor più vero che – ove il datore lo abbia convocato per una certa data – egli non può ottenere il differimento dell’incontro semplicemente adducendo un’impossibilità di partecipare, poiché «la convocazione è, infatti, evidentemente strumentale all’audizione a difesa e nessuna norma della negoziazione collettiva, né l’art. 55 d.lgs. n. 165/2001, prevede che, ove il datore di lavoro abbia convocato il lavoratore per una certa data, questi abbia un incondizionato diritto al differimento dell’incontro» (nello stesso senso, Cass. nn. 14106/2016; 9223/2015; 23528/2013; 7493/2011) (Corte di Cassazione – sezione Lavoro – sentenza n. 5314 del 2 marzo 2017)