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La perdita di appalti e la riduzione del lavoro non legittima il licenziamento.

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Sia i giudici del Tribunale che quelli della Corte d’appello hanno considerato un abuso la condotta tenuta dai vertici aziendali. Più precisamente, è stato ritenuto non dimostrato il nesso tra la perdita di alcune «gare d’appalto» e la necessità di tagliare la posizione di un lavoratore. Di conseguenza, viene dichiarato «illegittimo il licenziamento», e il dipendente – «impiegato amministrativo, responsabile del controllo di gestione» – ottiene la «reintegra» e un adeguato «ristoro economico».
E questa visione viene condivisa ora dai magistrati della Cassazione, che confermano la censura nei confronti dei vertici societari. Manca, in sostanza, la prova evidente di un obbligato «ridimensionamento funzionale dell’assetto organizzativo» aziendale, con annessa «soppressione della posizione» del singolo lavoratore.

Mancando la prova che certifichi la necessità per l’azienda di un ridimensionamento, non si può considerare legittimo automaticamente il licenziamento di un dipendente, giustificandolo con la necessità di ridurre i costi aziendali (Cassazione, sentenza n. 5323/2017, Sezione Lavoro).

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