Il concetto di tempestività della contestazione disciplinare deve essere inteso in senso relativo, in quanto compatibile con un intervallo necessario per un adeguato accertamento e una precisa valutazione dei fatti. Lo ha ribadito la Suprema Corte con sentenza n. 6991/17 depositata il 17 marzo.
Il caso. Il Tribunale di Treviso confermava il licenziamento per giustificato motivo soggettivo intimato dalla banca al lavoratore per aver inserito manualmente, nel sistema informatico, la presenza sul posto di lavoro per 5 giorni nonostante la fruizione di un periodo di ferie. La Corte d’appello confermava la sentenza del Tribunale e il lavoratore, adita la Cassazione, deduceva la questione relativa alla tardività della contestazione disciplinare.
La tempestività della contestazione disciplinare. La Corte di Cassazione ribadisce che il concetto di tempestività della contestazione disciplinare «deve essere inteso in senso relativo», in quanto compatibile con «un intervallo necessario per un adeguato accertamento e una precisa valutazione dei fatti», tutto in relazione al caso concreto e alla complessità dell’organizzazione del datore di lavoro. Infatti, affermano gli Ermellini, «la discrezionalità del giudice nel valutare la tempestività della contestazione disciplinare deve svolgersi nell’ambito dei presupposti alla base del principio di immediatezza della contestazione, ossia del riconoscimento del pieno ed effettivo diritto di difesa garanti ex lege al lavoratore e del comportamento datoriale secondo buona fede». Nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio di immediatezza, rapportandolo alla circostanza di fatto e rilevando che il tempo intercorso tra la conoscenza dei fatti e la loro contestazione non aveva ostacolato il pieno esercizio del diritto di difesa da parte del lavoratore essendo, viceversa, compatibile con l’esigenza di pervenire ad un completo accertamento della verità dei fatti. Pertanto, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. (Corte di Cassazione – sezione Lavoro – sentenza n. 6991 del 17 marzo 2017)