Ai fini dell’integrazione della giusta causa del licenziamento dovuto ad una rissa tra colleghi, diventa importante stabilire se vi è stato «consensuale passaggio alle vie di fatto», oppure se una parte è stata responsabile del litigio «e dello sbocco violento dello stesso». Così ha deciso la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8710/17 depositata il 4 aprile.
Il caso. Due colleghi, entrambi dipendenti dell’Esselunga s.p.a., “arrivavano alle mani” a seguito di un violento litigio, all’interno della cella frigorifera nel reparto di macelleria. Il licenziamento che ne seguiva spingeva uno dei partecipanti della rissa, accusato dalla società di esserne stato il principale responsabile, ad adire il Tribunale di Firenze. Il giudice accoglieva la domanda di declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare, che veniva confermata anche in secondo grado. In concreto non era stato provato dal datore di lavoro l’addebito contestato, e cioè di esser stato l’artefice del ricorso alle vie di fatto, a causa del suo atteggiamento intimidatorio. La società ricorre in Cassazione.
La giusta causa del licenziamento. Secondo la Corte di Cassazione, però, questo non è un dettaglio da poco. Anzi, è di dirimente importanza stabilire «le modalità con le quali ha avuto inizio il contrasto fisico tra i due lavoratori». La giusta causa del licenziamento può essere stabilita solo una volta accertato quanto appena detto, in quanto «altro è passare alle vie di fatto per difendersi dall’aggressione fisica subita dall’antagonista, altro è farlo per aggredire l’altro fisicamente». Pertanto la Corte rigetta il ricorso. (Corte di Cassazione – sezione Lavoro – sentenza n. 8710 del 4 aprile 2017)