Ogni qual volta il lavoratore impugni direttamente il licenziamento, anche in via stragiudiziale, per superamento del periodo di comporto, la mancata ottemperanza del datore di lavoro alla richiesta di esplicitazione dei motivi non influisce sulla legittimità del licenziamento stesso. Lo ribadisce il Collegio di legittimità con sentenza n. 15069/17 depositata il 19 giugno.
Il caso. La Corte d’appello di Catania dichiarava l’inefficacia del licenziamento con effetto immediato intimato al lavoratore in ordine alle assenze fatte, di gran lunga superiori al periodo di comporto di cui all’art. 44, lett. b, CCNL Servizi di igiene ambientale.
La società ricorre per cassazione deducendo, fra l’altro, la violazione dell’art. 2 l. n. 604/1966 laddove sancisce che «Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro», «la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato» e che «il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace».
“Impugnazioni al buio”. A tal proposito, il Collegio di legittimità, ritenendo di dover continuità al principio disatteso dalla Corte territoriale, afferma che «allorquando il lavoratore abbia direttamente impugnato il licenziamento, anche in via stragiudiziale, per superamento del periodo di comporto, la mancata ottemperanza del datore di lavoro alla richiesta di esplicitazione dei motivi è ininfluente ai fini della legittimità del licenziamento stesso».
Infatti, prosegue la Corte, «l’avvenuta impugnazione esprime l’intento di contestare in ogni caso la conformità a legge del recesso, anche in difetto di una motivazione, e non può ritenersi idonea a determinare, con la richiesta dei motivi, l’onere del datore di lavoro di precisarli».
L’art. 2 l. n. 604/1966 si applica anche ai licenziamenti per superamento di comporto con le finalità «di consentire al lavoratore, su sua richiesta, di venire adeguatamente e immediatamente, dopo il licenziamento, a conoscenza delle precise ragioni e motivazioni dell’atto espulsivo al fine di poter opporre eventuali rilievi, evitando così “impugnazioni al buio”». Finalità questa, incompatibile con l’avvenuta impugnazione stragiudiziale del licenziamento.
Pertanto, la Cassazione accoglie il ricorso e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo. (Corte di Cassazione – sezione Lavoro – sentenza n. 15069 del 19 giugno 2017)