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Gli eredi possono subentrare nella causa del de cuius, ma devono provare la propria qualità.

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La Cassazione rileva come le parti che desiderino subentrare nella causa precedentemente instaurata, nella medesima posizione del proprio dante causa, dovranno provare in giudizio la validità della propria costituzione tramite prove documentali. Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15087/17 depositata il 19 giugno.
Il caso. La Corte d’appello di Lecce rigettava il gravame svolto dall’appellante verso la sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda volta ad ottenere l’integrazione al minimo sulla pensione diretta in godimento.
Avverso tale sentenza ricorrevano per Cassazione gli eredi dell’appellante.
Legitimatio ad causam. Nel caso di specie la Corte rileva, innanzitutto, che le parti, a pena di inammissibilità, devono dare prova della propria legitimatio ad causam, per essere subentrati nella medesima posizione del dante causa, attraverso riscontri documentali.
La Corte sottolinea che la mancanza di tale titolo è rilevabile anche d’ufficio e comporta l‘inammissibilità del ricorso.
Nel caso in esame, la Cassazione dopo aver illustrato diversi orientamenti giurisprudenziali sulla determinazione della qualità di erede, rileva come le parti abbiano provato solo il proprio legame parentale con il de cuius e non anche la necessaria qualità di eredi.
Ne deriva che la richiesta dei ricorrenti non potrà essere accolta né con riguardo all’integrazione del minimo salariale, né per ciò che attiene la liquidazione e il reintegro delle pensioni non riscosse dal pensionato al momento della morte, per le quali dovrà farsi la medesima valutazione in merito alla qualità di eredi delle parti, non adeguatamente provata nel caso di specie.
Per questi motivi la Corte dichiara inammissibile il ricorso.  (Corte di Cassazione – Sesta Sezione Civile – L – ordinanza n. 15087 del 19 giugno 2017)

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